Autismo grave e la necessità di un sostegno in rapporto 1:1: i vizi del provvedimento difforme alle necessità indicate

«Il diritto all’istruzione del minore portatore di handicap ha rango di diritto fondamentale, che va rispettato con rigore ed effettività sia in adempimento ad obblighi internazionali (artt. 7 e 24 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del 13 dicembre 2006, ratificata con l. 3 marzo 2009, n. 18), sia per il carattere assoluto proprio della tutela prevista dagli artt. 34 e 38, commi 3 e 4, Cost.». In particolare, «l’istruzione rappresenta uno dei fattori che maggiormente incidono sui rapporti sociali dell’individuo e sulle sue possibilità di affermazione professionale, ed il relativo diritto assume natura sia sociale sia individuale, con la conseguente necessità, con riferimento ai portatori di handicap, di assicurarne la piena attuazione attraverso la predisposizione di adeguate misure di integrazione e di sostegno» (Cons. Stato, sez. VI, 27 ottobre 2014, n. 5317).

Nel caso di specie, dalla documentazione il minore è uno studente «invalido con totale e permanente inabilità lavorativa e con necessità di assistenza continua non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita», essendo affetto da «un autismo grave con totale incapacità di attenzione». In presenza di tale complessivo quadro clinico, il dirigente scolastico deve indicare, in modo rigoroso, le ragioni per le quali non ritenga eventualmente necessario assicurare al minore una tutela piena nella misura richiesta.

Fonte www.autismoneldiritto.it


N. 05428/2015REG.PROV.COLL. – N. 00885/2014 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 885 del 2014, proposto da:
-OMISSIS- e -OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avvocati ….

contro

Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, Ufficio Scolastico Regionale dell’Umbria, Ufficio Scolastico Provinciale di Perugia, Istituto Comprensivo Statale ….., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza 8 novembre 2013, n. 519, del Tribunale amministrativo regionale per l’Umbria, Sezione prima.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

visto l’art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1, 2 e 5;

relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 novembre 2015 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti l’avvocato ….

FATTO e DIRITTO

1.– -OMISSIS- e -OMISSIS-, genitori dell’alunno disabile, -OMISSIS-, frequentante la classe terza della scuola primaria dell’Istituto Omnicomprensivo Statale «-OMISSIS-» di …, hanno impugnato, innanzi al Tribunale amministrativo regionale per l’Umbria, il provvedimento del Dirigente scolastico del medesimo Istituto, comunicato in data 2 ottobre 2012, nella parte in cui ha assegnato per l’anno scolastico 2012/13 un insegnante di sostegno al figlio solo per undici ore settimanali rispetto alle ventiquattro previste, in riduzione rispetto all’anno scolastico precedente. Le parti hanno chiesto anche la condanna dell’amministrazione all’assegnazione del sostegno in rapporto di 1:1 ovvero per 24 ore settimanali, previo accertamento del relativo diritto, nonché la condanna al risarcimento del danno.

2.– Il Tribunale amministrativo, con sentenza 8 novembre 2013, n. 519, ha rigettato il ricorso, rilevando come la valutazione della gravità della malattia effettuata nel piano educativo individualizzato si sottragga alle censure prospettate. Si sono, infatti, in modo ragionevole ritenute congrue undici ore, con l’affiancamento di «un operatore per ulteriori cinque ore, oltre ad otto ore di compresenza».

3.– I ricorrenti in primo grado hanno proposto appello, facendo valere la violazione della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), del principio di ragionevolezza e proporzionalità, nonché il difetto di motivazione. In particolare, ribadendo le censure prospettate in primo grado, si è dedotto come il minore abbia un «autismo grave con totale incapacità di attenzione», con la conseguente necessità di assegnazione di un sostegno in rapporto 1:1.

3.1.– Si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata chiedendo il rigetto dell’appello.

4.– La causa è stata decisa all’esito dell’udienza pubblica del 3 novembre 2015.

5.– L’appello è fondato.

Questa Sezione ha già avuto modo di affermare che: «il diritto all’istruzione del minore portatore di handicap ha rango di diritto fondamentale, che va rispettato con rigore ed effettività sia in adempimento ad obblighi internazionali (artt. 7 e 24 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del 13 dicembre 2006, ratificata con l. 3 marzo 2009, n. 18), sia per il carattere assoluto proprio della tutela prevista dagli artt. 34 e 38, commi 3 e 4, Cost.». In particolare, «l’istruzione rappresenta uno dei fattori che maggiormente incidono sui rapporti sociali dell’individuo e sulle sue possibilità di affermazione professionale, ed il relativo diritto assume natura sia sociale sia individuale, con la conseguente necessità, con riferimento ai portatori di handicap, di assicurarne la piena attuazione attraverso la predisposizione di adeguate misure di integrazione e di sostegno» (Cons. Stato, sez. VI, 27 ottobre 2014, n. 5317).

Nel caso di specie, dalla documentazione in atti risulta che il minore sia «invalido con totale e permanente inabilità lavorativa e con necessità di assistenza continua non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita», essendo affetto da «un autismo grave con totale incapacità di attenzione».

In presenza di tale complessivo quadro clinico, il dirigente scolastico avrebbe dovuto indicare in modo rigoroso le ragioni per le quali non fosse necessario assicurare al minore una tutela piena nella misura richiesta.

L’atto impugnato in primo grado deve, pertanto, essere annullato per insufficienza della motivazione.

6.– La domanda di risarcimento dei danni deve essere rigettata, in quanto non è stata dimostrata la colpa della pubblica amministrazione. La complessità della situazione nonché la circostanza che comunque è stata garantita una forma di tutela esclude che la violazione delle regole di azione sia stata colposa.

7.– L’amministrazione intimata è condannata al pagamento, in favore degli appellanti, delle spese processuali che si determinano in euro 2.000,00 (duemila), oltre accessori.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando.

a) in parte accoglie e in parte rigetta l’appello proposto con il ricorso indicato in epigrafe e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, accoglie la domanda di annullamento dell’atto impugnato e rigetta la domanda di risarcimento dei danni;

b) condanna l’amministrazione al pagamento, in favore degli appellanti, delle spese processuali che si determinano in euro 2.000,00 (duemila), oltre accessori.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistono i presupposti di cui all’art. 52, commi 1,2 e 5 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, manda alla Segreteria di procedere, in caso di diffusione del provvedimento, all’annotazione di cui ai commi 1,2 e 5 della medesima disposizione.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 novembre 2015 con l’intervento dei magistrati:

Filippo Patroni Griffi, Presidente

Claudio Contessa, Consigliere

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

Vincenzo Lopilato, Consigliere, Estensore

Marco Buricelli, Consigliere

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